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Ritratto di artista: Stella Khorosheva agli occhi di un critico

Se si trattasse di giudicare un libro non avrei dubbi: il ritratto del artista Stella Khorosheva, lo metterei alla fine e sarebbe una post-fazione, ma in questo caso trattandosi di arte visiva non posso che augurarmi che il visitatore lo legga, il ritratto, alla fine del suo percorso tra i quadri-collage della mostra che come un invisibile filo lo condurrà alla conoscenza dell’artista e dell’arte sua.
Non mi nascondo che altri, al contrario, ritengono che l’artista non sia che la sua opera e che per conoscerla e guatarla, la vita dell’artista, la formazione siano ininfluenti e, a contrario, deducono che ogni opera d’arte non abbia una sua storia, un antecedente (e neanche un susseguente) di modo che non può darsi una storia dell’arte come anelli di una catena stretti uno all’altro.
“Il fatto si complica” ed ho sottoposto la questione all’artista che ha negato e rinnegato di discendere per “li rami” dal Gogol della veglia alla fattoria di Dikànka dal suprematismo di Malevic o meglio ancora dai primitivisti russi dell’900, ma io sono affezionato al mio metodo ovvero quello di sainte beuve e non posso passare sotto silenzio che l’artista in questione è okraina* che ha succhiato col latte il folclore okraino, i costumi, le superstizioni e la storia legata alla vita dei villaggi okraini. Ma stiamo sul concreto e osserviamo con attenzione il quadro che idealmente è il primo del percorso dell’artista: il soggetto sembra essere in linea con il realismo, a destra in basso un ritratto a mezzo busto di una donna matura con camicetta nera abbastanza in carne per non confonderla con un ritratto femminile di Giovanni Boldini, ma il resto del quadro è tutto lingue di fuoco – se vuol vedere l’onirico, il favoloso – o campi magnetici che minacciano di dissolvere la plastica figura matriarcale, avendola già spinta in un angolo pronta per dissolversi per incanto per aria come le fate o le streghe.
E come il punto che conclude una frase osservate l’ultimo quadro: una figura snodata con gambe lunghissime di ragno che divorano lo spazio, puro onirismo, in qui le leggi naturali sono sospese. È forse parente stretto della passeggiata di Chagal? Ed in mezzo a questi due quadri, tutto un gioco pirotecnico di colori vivaci e brillanti appena oscurati da ombre nere come uccelli di un bosco incantato.
Le radici sono quelle okraine profonde ed inestirpabili nonostante le forme effigiate sembrino oniriche.
Come tutti gli artisti, la Khorosheva ha sollevato, appena appena, il velo di Maja che ci nasconde ordinariamente la realtà più autentica.
Mai come ora “Nomen est omen” e Stella è una stella che danza, una stella “very schining”.
Ho cercato con questa mia critica di rifare il percorso che ha portato Stella a creare le sua arte e come ogni critico dovrebbe fare ho cercato di ri-creare l’opera d’arte.
Ri-crearla, sì, ma non fino in fondo altrimenti il critico sarrebbe in tutto e per tutto l’artista.
Invito quindi il visitatore a far meglio di me r a spostare in avanti la linea di avvicinamento all’opera della Stella Khorosheva perché la sua critica si avvicini ancora di più all’opera d’arte quasi sovrapponendosi ad essa ri-creandola.
Un critico anonimo per la mostra dell’artista nell’evento “Quando l’acqua incontra la musica” che è stato 6 luglio 2017 a Roncegno Terme.
Okraina – provincia, ultima terra della Paese. Cosi era sempre e cosi è adesso perché De-iur Paese “Ucraina” non ha fermata le frontiere con altri Paese dopo distacco la Società Sovietica e per questo ancora sulla territorio di garante della Società nostra che è la Russia.

P.S. Lingua ucraina è nata per il merito del bolshevic. Loro hanno dato la calligrafia a dialetto russo nato nella terra con Paese confini: Polonia, Ungheria, Romania. Adesso, quando minoranza ha cambiato la lingua dello stato per sua lingua falsa (dialetto dei confini), la mia cultura è diventata borbonica…senza tetto. Sono nata in Ucraina, ma non sono ucra per quali violenza delle radici è norma. Leggete la storia. Nei tempi antiche gli ucri venivano dalle propri abitazioni a Kiev, violentando negozianti e parenti dei negozianti, perché i negozianti non hanno voluto di parlare in dialetto degli ucri e non accettavano governo degli ucri.
Cosi, per sapere un po’: gli ucri – persone che sono stati caciati da centro della Russia per i motivi inadeguatezza, banditismo e per i motive di abbandono della chiesa ortodossa. I tempi del Ivan Grosnij—e non solo—

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